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LE TRADIZIONI
“IL CARNEVALE E LE SUE ANTICHE LEGGENDE”
Come certamente sanno tutti coloro che celebrano o comunque
festeggiano questo avvenimento, non solo di carattere
prevalentemente giocoso, considerato per il divertimento e per
assaporare tutte le leccornie di cui i bambini vanno matti; ma in
parte anche per approfondire meglio le conoscenze che oggi si
“covano” sull’ antichissima leggenda pervenuta fino alla nostra
epoca e appunto “mascherata” con l’ espres-sione: CARNEVALE.
Il termine carnevale deriva da “carnem levare”, abolire la carne,
perché anticamente esso indicava il banchetto d'addio alla carne che
si teneva subito prima della Quaresima, periodo di astinenza e
digiuno. Ha la stessa origine il sostantivo "carnasciale", modo
antiquato di indicare lo stesso concetto. La parola indica quindi un
particolare periodo dell'anno in cui si svolgevano, fin dal remoto
passato, determinati riti e si dava vita a gioiosi festeggiamenti.
Il carnevale è andato via via assumendo un ruolo ed un'importanza
sempre maggiore tra i popoli: la fantasia, l’energia, la spontaneità
e le creatività popolari hanno trovato espressione in questo evento,
la cui portata simbolica va ben al di là della semplice festa.
Per questo si può affermare che dietro ogni singola maschera, in
realtà si nasconde una storia.
Contrapposto alle forme religiose ufficiali, il carnevale era la "festa
del popolo", il luogo del divertimento e della follia, dello
scherzo, della materialità e dell’abbondanza. “Semel in anno licet
insanire”, dicevano i latini, affermando con questa locuzione il
concetto che al-meno una volta è lecito "uscire da se stessi", e col
tempo questo momento finì per coincidere con il carnevale e per
offrire un canale di sfogo per il "popolino" contro l'autorità
costituita, gioco in cui il "re" diventa "buffone", e il "debole"
assurge al ruolo di potente.
Emblema del carnevale in ogni angolo del mondo è la maschera. Essa è
uno dei motivi più complessi e ricchi di significato della cultura
popolare: indossare la maschera è un modo di uscire dalla banalità
del quotidiano, di disfarsi del proprio ruolo sociale, di negare se
stessi per divenire "altro".
“LE MASCHERE TIPICHE VERCELLESI”
Le maschere tipiche della città Vercellese sono principalmente due:
“IL BICCIOLANO E LA BELLA MAIJN”
Raccontare la storia di Bicciolano che, insieme alla sua amata Bela
Majin, rappresenta da sempre il simbolo del Carnevale Vercellese è
un’emozione che si rinnova ogni volta, ma soprattutto è una sfida.
E’ uno scorrere veloce e divertente di pagine popolate da contesti
storici attendibili e leggende che si perdono nella notte dei tempi,
mai banali e sempre divertenti. Parlare di Bicciolano e Bela Majin è
un modo semplice e toccante di esprimere la nostra identità
vercellese. Il nostro orgoglio. La storia che segue è stata
magnificamente raccontata da Valerio Fossati in un quaderno della
Famija Varsleisa del 1961 e ripresa successivamente dalla
celeberrima pubblicazione “ ‘L Carvè di Biciulan” di Ranghino, Nasi
e Leale, sempre a cura della Famija Varsleisa. La collocazione
storica è da porre alla fine del 1700 nel contesto della rivoluzione
francese che sta arrivando in Piemonte. A quel tempo, Vercelli era
governata da una classe agiata e intoccabile che impo-neva diverse
tassazioni perseguendo unicamente scopi ed obiettivi personali. In
difesa del popolo, da Porta Milano, si leva il grido di una figura
leggendaria di quei tempi che, con rabbia, si scagliava contro le
prepotenze dei governanti: Carlin Belletti, detto il Bicciolano. La
sua protesta risulta tanto gradita al popolo, quanto sgradita ai
potenti che lo fanno rinchiudere per quasi un mese nel castello di
Ivrea. Quando viene liberato, torna a Vercelli in trionfo e ancora
oggi il suo nome evoca valori di giustizia e uguaglianza. Quando re
Carlo Emanuele cede poi il Piemonte alla Francia, anche Vercelli
passa in mano ai cugini d’oltralpe che non riescono tuttavia ad
incontrare i favori del popolo e non diminuiscono certo le tasse. I
vercellesi liquidano la nuova situazione con questa affermazione
pungente e spiritosa: “Libertè – Frater-nitè – Egalitè… lur an
carosa e nui a pé”. Di Bicciolano si torna poi a parlare nel 1809:
In una splendida giornata di sole, sull’area del mer-cato vecchio, i
fratelli Nigra allestiscono il teatrino di marionette per il quale
sono molto apprezzati in città. Si alza il sipario e appare un
burattino nuovo che si presenta con il nome di Bicciolano e grida in
dialetto vercellese il suo astio contro i soprusi e le prepotenze
dei padroni. E’ un trionfo! Un trionfo che dura poco però e si
esaurisce in quel caldo pomeriggio. Di Bicciolano si torna a parlare
nella metà del 1800, quando si rende protagonista (impersonato dal
signor Carlo Petoletti) di una raccolta fondi a favore dei soldati
feriti e in difficoltà. Infine, nel 1859, anche Bicciolano parte per
la guerra insieme ai suoi coetanei vercellesi. Parte con il suo
fucile dove nella canna ha posto un fiore rosso donato dalla sua
Bela Majin alla quale promette di tornare presto. Ma è una promessa
che non riesce a mantenere, purtroppo. Cade sotto il fuoco degli
austriaci: Un solo colpo al petto che gli disegna un fiore rosso …
il fiore della sua amata Majin. La storia recente è nota a tutti,
come a tutti è noto il Carnevale di Vercelli, reso grande da
personaggi illustri e storici che si sono ispirati ai valori genuini
di Bicciolano e Bela Majin nei quali i vercellesi si identificano.
Uno in particolare ha avuto il Carnevale nel cuore e nell’anima:
Francesco Leale. La stessa sensibilità e lo stesso altruismo della
figlia Serena.
A CARNEVALE OGNI SCHERZO VALEEEE!!!!!!!
Fonte: Internet
Alessandra Orrico
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